E io: Tanto m'e` bel, quanto a te piace: tu se' segnore, e sai ch'i' non mi parto dal tuo volere, e sai quel che si tace .

Allor venimmo in su l'argine quarto: volgemmo e discendemmo a mano stanca la` giu` nel fondo foracchiato e arto.

Lo buon maestro ancor de la sua anca non mi dipuose, si` mi giunse al rotto di quel che si piangeva con la zanca.

O qual che se' che 'l di su` tien di sotto, anima trista come pal commessa , comincia' io a dir, se puoi, fa motto .

Io stava come 'l frate che confessa lo perfido assessin, che, poi ch'e` fitto, richiama lui, per che la morte cessa.

Ed el grido`: Se' tu gia` costi` ritto, se' tu gia` costi` ritto, Bonifazio? Di parecchi anni mi menti` lo scritto.

Se' tu si` tosto di quell'aver sazio per lo qual non temesti torre a 'nganno la bella donna, e poi di farne strazio? .

Tal mi fec'io, quai son color che stanno, per non intender cio` ch'e` lor risposto, quasi scornati, e risponder non sanno.

Allor Virgilio disse: Dilli tosto: "Non son colui, non son colui che credi" ; e io rispuosi come a me fu imposto.

Per che lo spirto tutti storse i piedi; poi, sospirando e con voce di pianto, mi disse: Dunque che a me richiedi?

Se di saper ch'i' sia ti cal cotanto, che tu abbi pero` la ripa corsa, sappi ch'i' fui vestito del gran manto;

e veramente fui figliuol de l'orsa, cupido si` per avanzar li orsatti, che su` l'avere e qui me misi in borsa.

Di sotto al capo mio son li altri tratti che precedetter me simoneggiando, per le fessure de la pietra piatti.

La` giu` caschero` io altresi` quando verra` colui ch'i' credea che tu fossi allor ch'i' feci 'l subito dimando.

Ma piu` e` 'l tempo gia` che i pie` mi cossi e ch'i' son stato cosi` sottosopra, ch'el non stara` piantato coi pie` rossi:

che' dopo lui verra` di piu` laida opra di ver' ponente, un pastor sanza legge, tal che convien che lui e me ricuopra.

Novo Iason sara`, di cui si legge ne' Maccabei; e come a quel fu molle suo re, cosi` fia lui chi Francia regge .

Io non so s'i' mi fui qui troppo folle, ch'i' pur rispuosi lui a questo metro: Deh, or mi di`: quanto tesoro volle

Nostro Segnore in prima da san Pietro ch'ei ponesse le chiavi in sua balia? Certo non chiese se non "Viemmi retro".

Ne' Pier ne' li altri tolsero a Matia oro od argento, quando fu sortito al loco che perde' l'anima ria.

Pero` ti sta, che' tu se' ben punito; e guarda ben la mal tolta moneta ch'esser ti fece contra Carlo ardito.

E se non fosse ch'ancor lo mi vieta la reverenza delle somme chiavi che tu tenesti ne la vita lieta,

io userei parole ancor piu` gravi; che' la vostra avarizia il mondo attrista, calcando i buoni e sollevando i pravi.

Di voi pastor s'accorse il Vangelista, quando colei che siede sopra l'acque puttaneggiar coi regi a lui fu vista;

quella che con le sette teste nacque, e da le diece corna ebbe argomento, fin che virtute al suo marito piacque.

Fatto v'avete Dio d'oro e d'argento; e che altro e` da voi a l'idolatre, se non ch'elli uno, e voi ne orate cento?

Ahi, Costantin, di quanto mal fu matre, non la tua conversion, ma quella dote che da te prese il primo ricco patre! .

E mentr'io li cantava cotai note, o ira o coscienza che 'l mordesse, forte spingava con ambo le piote.

I' credo ben ch'al mio duca piacesse, con si` contenta labbia sempre attese lo suon de le parole vere espresse.

Pero` con ambo le braccia mi prese; e poi che tutto su mi s'ebbe al petto, rimonto` per la via onde discese.

Ne' si stanco` d'avermi a se' distretto, si` men porto` sovra 'l colmo de l'arco che dal quarto al quinto argine e` tragetto.

Quivi soavemente spuose il carco, soave per lo scoglio sconcio ed erto che sarebbe a le capre duro varco.

Indi un altro vallon mi fu scoperto.

Inferno: Canto XX

Di nova pena mi conven far versi e dar matera al ventesimo canto de la prima canzon ch'e` d'i sommersi.

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