Noi ci appressammo a quelle fiere isnelle: Chiron prese uno strale, e con la cocca fece la barba in dietro a le mascelle.
Quando s'ebbe scoperta la gran bocca, disse a' compagni: Siete voi accorti che quel di retro move cio` ch'el tocca?
Cosi` non soglion far li pie` d'i morti . E 'l mio buon duca, che gia` li er'al petto, dove le due nature son consorti,
rispuose: Ben e` vivo, e si` soletto mostrar li mi convien la valle buia; necessita` 'l ci 'nduce, e non diletto.
Tal si parti` da cantare alleluia che mi commise quest'officio novo: non e` ladron, ne' io anima fuia.
Ma per quella virtu` per cu' io movo li passi miei per si` selvaggia strada, danne un de' tuoi, a cui noi siamo a provo,
e che ne mostri la` dove si guada e che porti costui in su la groppa, che' non e` spirto che per l'aere vada .
Chiron si volse in su la destra poppa, e disse a Nesso: Torna, e si` li guida, e fa cansar s'altra schiera v'intoppa .
Or ci movemmo con la scorta fida lungo la proda del bollor vermiglio, dove i bolliti facieno alte strida.
Io vidi gente sotto infino al ciglio; e 'l gran centauro disse: E' son tiranni che dier nel sangue e ne l'aver di piglio.
Quivi si piangon li spietati danni; quivi e` Alessandro, e Dionisio fero, che fe' Cicilia aver dolorosi anni.
E quella fronte c'ha 'l pel cosi` nero, e` Azzolino; e quell'altro ch'e` biondo, e` Opizzo da Esti, il qual per vero
fu spento dal figliastro su` nel mondo . Allor mi volsi al poeta, e quei disse: Questi ti sia or primo, e io secondo .
Poco piu` oltre il centauro s'affisse sovr'una gente che 'nfino a la gola parea che di quel bulicame uscisse.
Mostrocci un'ombra da l'un canto sola, dicendo: Colui fesse in grembo a Dio lo cor che 'n su Tamisi ancor si cola .
Poi vidi gente che di fuor del rio tenean la testa e ancor tutto 'l casso; e di costoro assai riconobb'io.
Cosi` a piu` a piu` si facea basso quel sangue, si` che cocea pur li piedi; e quindi fu del fosso il nostro passo.
Si` come tu da questa parte vedi lo bulicame che sempre si scema , disse 'l centauro, voglio che tu credi
che da quest'altra a piu` a piu` giu` prema lo fondo suo, infin ch'el si raggiunge ove la tirannia convien che gema.
La divina giustizia di qua punge quell'Attila che fu flagello in terra e Pirro e Sesto; e in etterno munge
le lagrime, che col bollor diserra, a Rinier da Corneto, a Rinier Pazzo, che fecero a le strade tanta guerra .
Poi si rivolse, e ripassossi 'l guazzo.
Inferno: Canto XIII
Non era ancor di la` Nesso arrivato, quando noi ci mettemmo per un bosco che da neun sentiero era segnato.
Non fronda verde, ma di color fosco; non rami schietti, ma nodosi e 'nvolti; non pomi v'eran, ma stecchi con tosco:
non han si` aspri sterpi ne' si` folti quelle fiere selvagge che 'n odio hanno tra Cecina e Corneto i luoghi colti.
Quivi le brutte Arpie lor nidi fanno, che cacciar de le Strofade i Troiani con tristo annunzio di futuro danno.
Ali hanno late, e colli e visi umani, pie` con artigli, e pennuto 'l gran ventre; fanno lamenti in su li alberi strani.
E 'l buon maestro Prima che piu` entre, sappi che se' nel secondo girone , mi comincio` a dire, e sarai mentre
che tu verrai ne l'orribil sabbione. Pero` riguarda ben; si` vederai cose che torrien fede al mio sermone .
Io sentia d'ogne parte trarre guai, e non vedea persona che 'l facesse; per ch'io tutto smarrito m'arrestai.
Cred'io ch'ei credette ch'io credesse che tante voci uscisser, tra quei bronchi da gente che per noi si nascondesse.
Pero` disse 'l maestro: Se tu tronchi qualche fraschetta d'una d'este piante, li pensier c'hai si faran tutti monchi .
Allor porsi la mano un poco avante, e colsi un ramicel da un gran pruno; e 'l tronco suo grido`: Perche' mi schiante? .
Da che fatto fu poi di sangue bruno, ricomincio` a dir: Perche' mi scerpi? non hai tu spirto di pietade alcuno?
Uomini fummo, e or siam fatti sterpi: ben dovrebb'esser la tua man piu` pia, se state fossimo anime di serpi .