E Se miseria d'esto loco sollo rende in dispetto noi e nostri prieghi , comincio` l'uno e 'l tinto aspetto e brollo,
la fama nostra il tuo animo pieghi a dirne chi tu se', che i vivi piedi cosi` sicuro per lo 'nferno freghi.
Questi, l'orme di cui pestar mi vedi, tutto che nudo e dipelato vada, fu di grado maggior che tu non credi:
nepote fu de la buona Gualdrada; Guido Guerra ebbe nome, e in sua vita fece col senno assai e con la spada.
L'altro, ch'appresso me la rena trita, e` Tegghiaio Aldobrandi, la cui voce nel mondo su` dovria esser gradita.
E io, che posto son con loro in croce, Iacopo Rusticucci fui; e certo la fiera moglie piu` ch'altro mi nuoce .
S'i' fossi stato dal foco coperto, gittato mi sarei tra lor di sotto, e credo che 'l dottor l'avria sofferto;
ma perch'io mi sarei brusciato e cotto, vinse paura la mia buona voglia che di loro abbracciar mi facea ghiotto.
Poi cominciai: Non dispetto, ma doglia la vostra condizion dentro mi fisse, tanta che tardi tutta si dispoglia,
tosto che questo mio segnor mi disse parole per le quali i' mi pensai che qual voi siete, tal gente venisse.
Di vostra terra sono, e sempre mai l'ovra di voi e li onorati nomi con affezion ritrassi e ascoltai.
Lascio lo fele e vo per dolci pomi promessi a me per lo verace duca; ma 'nfino al centro pria convien ch'i' tomi .
Se lungamente l'anima conduca le membra tue , rispuose quelli ancora, e se la fama tua dopo te luca,
cortesia e valor di` se dimora ne la nostra citta` si` come suole, o se del tutto se n'e` gita fora;
che' Guiglielmo Borsiere, il qual si duole con noi per poco e va la` coi compagni, assai ne cruccia con le sue parole .
La gente nuova e i subiti guadagni orgoglio e dismisura han generata, Fiorenza, in te, si` che tu gia` ten piagni .
Cosi` gridai con la faccia levata; e i tre, che cio` inteser per risposta, guardar l'un l'altro com'al ver si guata.
Se l'altre volte si` poco ti costa , rispuoser tutti il satisfare altrui, felice te se si` parli a tua posta!
Pero`, se campi d'esti luoghi bui e torni a riveder le belle stelle, quando ti giovera` dicere "I' fui",
fa che di noi a la gente favelle . Indi rupper la rota, e a fuggirsi ali sembiar le gambe loro isnelle.
Un amen non saria potuto dirsi tosto cosi` com'e' fuoro spariti; per ch'al maestro parve di partirsi.
Io lo seguiva, e poco eravam iti, che 'l suon de l'acqua n'era si` vicino, che per parlar saremmo a pena uditi.
Come quel fiume c'ha proprio cammino prima dal Monte Viso 'nver' levante, da la sinistra costa d'Apennino,
che si chiama Acquacheta suso, avante che si divalli giu` nel basso letto, e a Forli` di quel nome e` vacante,
rimbomba la` sovra San Benedetto de l'Alpe per cadere ad una scesa ove dovea per mille esser recetto;
cosi`, giu` d'una ripa discoscesa, trovammo risonar quell'acqua tinta, si` che 'n poc'ora avria l'orecchia offesa.
Io avea una corda intorno cinta, e con essa pensai alcuna volta prender la lonza a la pelle dipinta.
Poscia ch'io l'ebbi tutta da me sciolta, si` come 'l duca m'avea comandato, porsila a lui aggroppata e ravvolta.
Ond'ei si volse inver' lo destro lato, e alquanto di lunge da la sponda la gitto` giuso in quell'alto burrato.
'E' pur convien che novita` risponda' dicea fra me medesmo 'al novo cenno che 'l maestro con l'occhio si` seconda'.
Ahi quanto cauti li uomini esser dienno presso a color che non veggion pur l'ovra, ma per entro i pensier miran col senno!
El disse a me: Tosto verra` di sovra cio` ch'io attendo e che il tuo pensier sogna: tosto convien ch'al tuo viso si scovra .
Sempre a quel ver c'ha faccia di menzogna de' l'uom chiuder le labbra fin ch'el puote, pero` che sanza colpa fa vergogna;
ma qui tacer nol posso; e per le note di questa comedia, lettor, ti giuro, s'elle non sien di lunga grazia vote,
ch'i' vidi per quell'aere grosso e scuro venir notando una figura in suso, maravigliosa ad ogne cor sicuro,
si` come torna colui che va giuso talora a solver l'ancora ch'aggrappa o scoglio o altro che nel mare e` chiuso,
che 'n su` si stende, e da pie` si rattrappa.