Quando noi fummo la` dov'el vaneggia di sotto per dar passo a li sferzati, lo duca disse: Attienti, e fa che feggia
lo viso in te di quest'altri mal nati, ai quali ancor non vedesti la faccia pero` che son con noi insieme andati .
Del vecchio ponte guardavam la traccia che venia verso noi da l'altra banda, e che la ferza similmente scaccia.
E 'l buon maestro, sanza mia dimanda, mi disse: Guarda quel grande che vene, e per dolor non par lagrime spanda:
quanto aspetto reale ancor ritene! Quelli e` Iason, che per cuore e per senno li Colchi del monton privati fene.
Ello passo` per l'isola di Lenno, poi che l'ardite femmine spietate tutti li maschi loro a morte dienno.
Ivi con segni e con parole ornate Isifile inganno`, la giovinetta che prima avea tutte l'altre ingannate.
Lasciolla quivi, gravida, soletta; tal colpa a tal martiro lui condanna; e anche di Medea si fa vendetta.
Con lui sen va chi da tal parte inganna: e questo basti de la prima valle sapere e di color che 'n se' assanna .
Gia` eravam la` 've lo stretto calle con l'argine secondo s'incrocicchia, e fa di quello ad un altr'arco spalle.
Quindi sentimmo gente che si nicchia ne l'altra bolgia e che col muso scuffa, e se' medesma con le palme picchia.
Le ripe eran grommate d'una muffa, per l'alito di giu` che vi s'appasta, che con li occhi e col naso facea zuffa.
Lo fondo e` cupo si`, che non ci basta loco a veder sanza montare al dosso de l'arco, ove lo scoglio piu` sovrasta.
Quivi venimmo; e quindi giu` nel fosso vidi gente attuffata in uno sterco che da li uman privadi parea mosso.
E mentre ch'io la` giu` con l'occhio cerco, vidi un col capo si` di merda lordo, che non parea s'era laico o cherco.
Quei mi sgrido`: Perche' se' tu si` gordo di riguardar piu` me che li altri brutti? . E io a lui: Perche', se ben ricordo,
gia` t'ho veduto coi capelli asciutti, e se' Alessio Interminei da Lucca: pero` t'adocchio piu` che li altri tutti .
Ed elli allor, battendosi la zucca: Qua giu` m'hanno sommerso le lusinghe ond'io non ebbi mai la lingua stucca .
Appresso cio` lo duca Fa che pinghe , mi disse il viso un poco piu` avante, si` che la faccia ben con l'occhio attinghe
di quella sozza e scapigliata fante che la` si graffia con l'unghie merdose, e or s'accoscia e ora e` in piedi stante.
Taide e`, la puttana che rispuose al drudo suo quando disse "Ho io grazie grandi apo te?": "Anzi maravigliose!".
E quinci sien le nostre viste sazie .
Inferno: Canto XIX
O Simon mago, o miseri seguaci che le cose di Dio, che di bontate deon essere spose, e voi rapaci
per oro e per argento avolterate, or convien che per voi suoni la tromba, pero` che ne la terza bolgia state.
Gia` eravamo, a la seguente tomba, montati de lo scoglio in quella parte ch'a punto sovra mezzo 'l fosso piomba.
O somma sapienza, quanta e` l'arte che mostri in cielo, in terra e nel mal mondo, e quanto giusto tua virtu` comparte!
Io vidi per le coste e per lo fondo piena la pietra livida di fori, d'un largo tutti e ciascun era tondo.
Non mi parean men ampi ne' maggiori che que' che son nel mio bel San Giovanni, fatti per loco d'i battezzatori;
l'un de li quali, ancor non e` molt'anni, rupp'io per un che dentro v'annegava: e questo sia suggel ch'ogn'omo sganni.
Fuor de la bocca a ciascun soperchiava d'un peccator li piedi e de le gambe infino al grosso, e l'altro dentro stava.
Le piante erano a tutti accese intrambe; per che si` forte guizzavan le giunte, che spezzate averien ritorte e strambe.
Qual suole il fiammeggiar de le cose unte muoversi pur su per la strema buccia, tal era li` dai calcagni a le punte.
Chi e` colui, maestro, che si cruccia guizzando piu` che li altri suoi consorti , diss'io, e cui piu` roggia fiamma succia? .
Ed elli a me: Se tu vuo' ch'i' ti porti la` giu` per quella ripa che piu` giace, da lui saprai di se' e de' suoi torti .