Euripilo ebbe nome, e cosi` 'l canta l'alta mia tragedia in alcun loco: ben lo sai tu che la sai tutta quanta.
Quell'altro che ne' fianchi e` cosi` poco, Michele Scotto fu, che veramente de le magiche frode seppe 'l gioco.
Vedi Guido Bonatti; vedi Asdente, ch'avere inteso al cuoio e a lo spago ora vorrebbe, ma tardi si pente.
Vedi le triste che lasciaron l'ago, la spuola e 'l fuso, e fecersi 'ndivine; fecer malie con erbe e con imago.
Ma vienne omai, che' gia` tiene 'l confine d'amendue li emisperi e tocca l'onda sotto Sobilia Caino e le spine;
e gia` iernotte fu la luna tonda: ben ten de' ricordar, che' non ti nocque alcuna volta per la selva fonda .
Si` mi parlava, e andavamo introcque.
Inferno: Canto XXI
Cosi` di ponte in ponte, altro parlando che la mia comedia cantar non cura, venimmo; e tenavamo il colmo, quando
restammo per veder l'altra fessura di Malebolge e li altri pianti vani; e vidila mirabilmente oscura.
Quale ne l'arzana` de' Viniziani bolle l'inverno la tenace pece a rimpalmare i legni lor non sani,
che' navicar non ponno - in quella vece chi fa suo legno novo e chi ristoppa le coste a quel che piu` viaggi fece;
chi ribatte da proda e chi da poppa; altri fa remi e altri volge sarte; chi terzeruolo e artimon rintoppa -;
tal, non per foco, ma per divin'arte, bollia la` giuso una pegola spessa, che 'nviscava la ripa d'ogne parte.
I' vedea lei, ma non vedea in essa mai che le bolle che 'l bollor levava, e gonfiar tutta, e riseder compressa.
Mentr'io la` giu` fisamente mirava, lo duca mio, dicendo Guarda, guarda! , mi trasse a se' del loco dov'io stava.
Allor mi volsi come l'uom cui tarda di veder quel che li convien fuggire e cui paura subita sgagliarda,
che, per veder, non indugia 'l partire: e vidi dietro a noi un diavol nero correndo su per lo scoglio venire.
Ahi quant'elli era ne l'aspetto fero! e quanto mi parea ne l'atto acerbo, con l'ali aperte e sovra i pie` leggero!
L'omero suo, ch'era aguto e superbo, carcava un peccator con ambo l'anche, e quei tenea de' pie` ghermito 'l nerbo.
Del nostro ponte disse: O Malebranche, ecco un de li anzian di Santa Zita! Mettetel sotto, ch'i' torno per anche
a quella terra che n'e` ben fornita: ogn'uom v'e` barattier, fuor che Bonturo; del no, per li denar vi si fa ita .
La` giu` 'l butto`, e per lo scoglio duro si volse; e mai non fu mastino sciolto con tanta fretta a seguitar lo furo.
Quel s'attuffo`, e torno` su` convolto; ma i demon che del ponte avean coperchio, gridar: Qui non ha loco il Santo Volto:
qui si nuota altrimenti che nel Serchio! Pero`, se tu non vuo' di nostri graffi, non far sopra la pegola soverchio .
Poi l'addentar con piu` di cento raffi, disser: Coverto convien che qui balli, si` che, se puoi, nascosamente accaffi .
Non altrimenti i cuoci a' lor vassalli fanno attuffare in mezzo la caldaia la carne con li uncin, perche' non galli.
Lo buon maestro Accio` che non si paia che tu ci sia , mi disse, giu` t'acquatta dopo uno scheggio, ch'alcun schermo t'aia;
e per nulla offension che mi sia fatta, non temer tu, ch'i' ho le cose conte, perch'altra volta fui a tal baratta .
Poscia passo` di la` dal co del ponte; e com'el giunse in su la ripa sesta, mestier li fu d'aver sicura fronte.
Con quel furore e con quella tempesta ch'escono i cani a dosso al poverello che di subito chiede ove s'arresta,
usciron quei di sotto al ponticello, e volser contra lui tutt'i runcigli; ma el grido`: Nessun di voi sia fello!
Innanzi che l'uncin vostro mi pigli, traggasi avante l'un di voi che m'oda, e poi d'arruncigliarmi si consigli .
Tutti gridaron: Vada Malacoda! ; per ch'un si mosse - e li altri stetter fermi -, e venne a lui dicendo: Che li approda? .
Credi tu, Malacoda, qui vedermi esser venuto , disse 'l mio maestro, sicuro gia` da tutti vostri schermi,
sanza voler divino e fato destro? Lascian'andar, che' nel cielo e` voluto ch'i' mostri altrui questo cammin silvestro .