Ma ne' di Tebe furie ne' troiane si vider mai in alcun tanto crude, non punger bestie, nonche' membra umane,
quant'io vidi in due ombre smorte e nude, che mordendo correvan di quel modo che 'l porco quando del porcil si schiude.
L'una giunse a Capocchio, e in sul nodo del collo l'assanno`, si` che, tirando, grattar li fece il ventre al fondo sodo.
E l'Aretin che rimase, tremando mi disse: Quel folletto e` Gianni Schicchi, e va rabbioso altrui cosi` conciando .
Oh! , diss'io lui, se l'altro non ti ficchi li denti a dosso, non ti sia fatica a dir chi e`, pria che di qui si spicchi .
Ed elli a me: Quell'e` l'anima antica di Mirra scellerata, che divenne al padre fuor del dritto amore amica.
Questa a peccar con esso cosi` venne, falsificando se' in altrui forma, come l'altro che la` sen va, sostenne,
per guadagnar la donna de la torma, falsificare in se' Buoso Donati, testando e dando al testamento norma .
E poi che i due rabbiosi fuor passati sovra cu' io avea l'occhio tenuto, rivolsilo a guardar li altri mal nati.
Io vidi un, fatto a guisa di leuto, pur ch'elli avesse avuta l'anguinaia tronca da l'altro che l'uomo ha forcuto.
La grave idropesi`, che si` dispaia le membra con l'omor che mal converte, che 'l viso non risponde a la ventraia,
facea lui tener le labbra aperte come l'etico fa, che per la sete l'un verso 'l mento e l'altro in su` rinverte.
O voi che sanz'alcuna pena siete, e non so io perche', nel mondo gramo , diss'elli a noi, guardate e attendete
a la miseria del maestro Adamo: io ebbi vivo assai di quel ch'i' volli, e ora, lasso!, un gocciol d'acqua bramo.
Li ruscelletti che d'i verdi colli del Casentin discendon giuso in Arno, faccendo i lor canali freddi e molli,
sempre mi stanno innanzi, e non indarno, che' l'imagine lor vie piu` m'asciuga che 'l male ond'io nel volto mi discarno.
La rigida giustizia che mi fruga tragge cagion del loco ov'io peccai a metter piu` li miei sospiri in fuga.
Ivi e` Romena, la` dov'io falsai la lega suggellata del Batista; per ch'io il corpo su` arso lasciai.
Ma s'io vedessi qui l'anima trista di Guido o d'Alessandro o di lor frate, per Fonte Branda non darei la vista.
Dentro c'e` l'una gia`, se l'arrabbiate ombre che vanno intorno dicon vero; ma che mi val, c'ho le membra legate?
S'io fossi pur di tanto ancor leggero ch'i' potessi in cent'anni andare un'oncia, io sarei messo gia` per lo sentiero,
cercando lui tra questa gente sconcia, con tutto ch'ella volge undici miglia, e men d'un mezzo di traverso non ci ha.
Io son per lor tra si` fatta famiglia: e' m'indussero a batter li fiorini ch'avevan tre carati di mondiglia .
E io a lui: Chi son li due tapini che fumman come man bagnate 'l verno, giacendo stretti a' tuoi destri confini? .
Qui li trovai - e poi volta non dierno - , rispuose, quando piovvi in questo greppo, e non credo che dieno in sempiterno.
L'una e` la falsa ch'accuso` Gioseppo; l'altr'e` 'l falso Sinon greco di Troia: per febbre aguta gittan tanto leppo .
E l'un di lor, che si reco` a noia forse d'esser nomato si` oscuro, col pugno li percosse l'epa croia.
Quella sono` come fosse un tamburo; e mastro Adamo li percosse il volto col braccio suo, che non parve men duro,
dicendo a lui: Ancor che mi sia tolto lo muover per le membra che son gravi, ho io il braccio a tal mestiere sciolto .
Ond'ei rispuose: Quando tu andavi al fuoco, non l'avei tu cosi` presto; ma si` e piu` l'avei quando coniavi .
E l'idropico: Tu di' ver di questo: ma tu non fosti si` ver testimonio la` 've del ver fosti a Troia richesto .
S'io dissi falso, e tu falsasti il conio , disse Sinon; e son qui per un fallo, e tu per piu` ch'alcun altro demonio! .
Ricorditi, spergiuro, del cavallo , rispuose quel ch'avea infiata l'epa; e sieti reo che tutto il mondo sallo! .