L'altra e` colei che s'ancise amorosa, e ruppe fede al cener di Sicheo; poi e` Cleopatras lussuriosa.
Elena vedi, per cui tanto reo tempo si volse, e vedi 'l grande Achille, che con amore al fine combatteo.
Vedi Paris, Tristano ; e piu` di mille ombre mostrommi e nominommi a dito, ch'amor di nostra vita dipartille.
Poscia ch'io ebbi il mio dottore udito nomar le donne antiche e ' cavalieri, pieta` mi giunse, e fui quasi smarrito.
I' cominciai: Poeta, volontieri parlerei a quei due che 'nsieme vanno, e paion si` al vento esser leggeri .
Ed elli a me: Vedrai quando saranno piu` presso a noi; e tu allor li priega per quello amor che i mena, ed ei verranno .
Si` tosto come il vento a noi li piega, mossi la voce: O anime affannate, venite a noi parlar, s'altri nol niega! .
Quali colombe dal disio chiamate con l'ali alzate e ferme al dolce nido vegnon per l'aere dal voler portate;
cotali uscir de la schiera ov'e` Dido, a noi venendo per l'aere maligno, si` forte fu l'affettuoso grido.
O animal grazioso e benigno che visitando vai per l'aere perso noi che tignemmo il mondo di sanguigno,
se fosse amico il re de l'universo, noi pregheremmo lui de la tua pace, poi c'hai pieta` del nostro mal perverso.
Di quel che udire e che parlar vi piace, noi udiremo e parleremo a voi, mentre che 'l vento, come fa, ci tace.
Siede la terra dove nata fui su la marina dove 'l Po discende per aver pace co' seguaci sui.
Amor, ch'al cor gentil ratto s'apprende prese costui de la bella persona che mi fu tolta; e 'l modo ancor m'offende.
Amor, ch'a nullo amato amar perdona, mi prese del costui piacer si` forte, che, come vedi, ancor non m'abbandona.
Amor condusse noi ad una morte: Caina attende chi a vita ci spense . Queste parole da lor ci fuor porte.
Quand'io intesi quell'anime offense, china' il viso e tanto il tenni basso, fin che 'l poeta mi disse: Che pense? .
Quando rispuosi, cominciai: Oh lasso, quanti dolci pensier, quanto disio meno` costoro al doloroso passo! .
Poi mi rivolsi a loro e parla' io, e cominciai: Francesca, i tuoi martiri a lagrimar mi fanno tristo e pio.
Ma dimmi: al tempo d'i dolci sospiri, a che e come concedette Amore che conosceste i dubbiosi disiri? .
E quella a me: Nessun maggior dolore che ricordarsi del tempo felice ne la miseria; e cio` sa 'l tuo dottore.
Ma s'a conoscer la prima radice del nostro amor tu hai cotanto affetto, diro` come colui che piange e dice.
Noi leggiavamo un giorno per diletto di Lancialotto come amor lo strinse; soli eravamo e sanza alcun sospetto.
Per piu` fiate li occhi ci sospinse quella lettura, e scolorocci il viso; ma solo un punto fu quel che ci vinse.
Quando leggemmo il disiato riso esser basciato da cotanto amante, questi, che mai da me non fia diviso,
la bocca mi bascio` tutto tremante. Galeotto fu 'l libro e chi lo scrisse: quel giorno piu` non vi leggemmo avante .
Mentre che l'uno spirto questo disse, l'altro piangea; si` che di pietade io venni men cosi` com'io morisse.
E caddi come corpo morto cade.
Inferno: Canto VI
Al tornar de la mente, che si chiuse dinanzi a la pieta` d'i due cognati, che di trestizia tutto mi confuse,
novi tormenti e novi tormentati mi veggio intorno, come ch'io mi mova e ch'io mi volga, e come che io guati.
Io sono al terzo cerchio, de la piova etterna, maladetta, fredda e greve; regola e qualita` mai non l'e` nova.
Grandine grossa, acqua tinta e neve per l'aere tenebroso si riversa; pute la terra che questo riceve.
Cerbero, fiera crudele e diversa, con tre gole caninamente latra sovra la gente che quivi e` sommersa.
Li occhi ha vermigli, la barba unta e atra, e 'l ventre largo, e unghiate le mani; graffia li spirti, ed iscoia ed isquatra.
Urlar li fa la pioggia come cani; de l'un de' lati fanno a l'altro schermo; volgonsi spesso i miseri profani.